Per la ricetta di oggi ho scomodato una persona a cui voglio molto bene e che è il mio punto di riferimento per consigli letterari ma soprattutto per chicche di bellezza quotidiana: Valentina Aversano, SignorinaLave, su Instagram e Twitter.
Vale lavora nella comunicazione di una casa editrice, tiene un gruppo di lettura a Roma – Strategie Prenestine – che io mi trasferirei solo per andarci con lei. Ha inventato i #trefattidioggi, un esercizio quotidiano di osservazione, riflessione e condivisione che leggo e seguo anche nei periodi in cui ho meno voglia di partecipare, perché, dietro all’hashtag, in special modo su Twitter, si è creata una bellissima community di persone pazzesche che sono felice di aver conosciuto. In più Vale scrive Basilico, una delle mie newsletter preferite.
Insomma, tutta questa presentazione per spiegare che se mi sono rivolta a lei avevo i miei motivi e sapevo che avrebbe saputo stupirmi e stupirci. A Vale ho chiesto una ricetta “letteraria”, cioè un piatto, tirato fuori da un libro da leggere, non da un ricettario di cucina, che valesse la pena di preparare, fotografare e poi immergersi, un mondo alternativo, come solo i libri sanno offrire, e un’idea per le letture del periodo delle feste. Ecco il suo consiglio:
Quando Valentina mi ha chiesto di scegliere un libro per il suo Calendario dell’Avvento, sono impazzita dalla gioia. Mi sono detta: Ah, finalmente racconterò uno dei miei libri della vita, finalmente potrò consigliare quel libro che proprio chiunque dovrebbe leggere. Poi è arrivata la seconda ondata.
Ho passato l’estate a ripetere a mio marito L’inverno non potrà mai essere brutto come il primo lockdown, vero? Adesso mettiamo le mascherine, il gel, teniamo le distanze, sappiamo cosa ci aspetta… ce la possiamo fare, vero?
Me li immaginavo diversi, questi mesi. Quando mi sono accorta di essere stata troppo ottimista, è come se mi fosse caduta in testa una tegola di stanchezza. Tutto mi è sembrato più faticoso, rallentato: anche i pensieri più semplici e le piccole cose da fare sembravano montagne da scalare a mani nude.
Anche leggere è diventato difficile: mi sono sforzata di non abbandonare un romanzo che avevo iniziato da poco e intanto mi dicevo Appena torno a ingranare ripenso ai libri della vita e ne scelgo uno per il progetto di Valentina.
Poi è successo che quel romanzo, iniziato un po’ distrattamente, si è rivelato una di quelle letture capaci di scaldarmi il cuore: un po’ come la zuppa calda che ti consola quando arriva il freddo vero dell’inverno.
La bastarda di Istanbul di Elif Shafak (BUR Rizzoli, traduzione di Laura Prandino) racconta di donne che cercano di capire chi sono: c’entrano i legami col passato, i segreti e tanto, tantissimo cibo.
Armanoush e Asya sono diverse: un’americana alla ricerca delle proprie radici armene e una turca arrabbiata con il mondo. Eppure si scopriranno amiche e scioglieranno un nodo che le lega, facendoci affezionare a tutte le donne che animano le loro complicate famiglie.
Gli odori, i suoni e i sapori di Istanbul sono i veri protagonisti di questo romanzo: è tutto così vivido e invitante da riuscire a farti sentire davvero altrove. E poi si cucina sempre e le protagoniste si ritrovano spesso a tavola a parlare di tutto e di niente, tra le nonne, le zie e le mamme che vanno e vengono con vassoi sempre pieni e bicchieri di tè, con la televisione accesa e le voci della strada che si mescolano alle chiacchiere e riempiono le stanze.
Pagina dopo pagina, mi sono aggrappata a questa storia perché è riuscita a farmi dimenticare tutto il resto, almeno per un po’: me l’ha consigliata il mio libraio quando la scorsa estate sono passata a trovarlo per chiedergli letture che mi facessero volere bene al genere umano (so che può sembrare una richiesta strana, ma Alessio della libreria Il Mattone di Centocelle a Roma è magico: lui non sbaglia mai). Il momento giusto per leggerla non è arrivato subito, ma proprio quando mi serviva di più: forse mai come quest’anno abbiamo bisogno di storie che ci coccolino un po’. Questa ve la consiglio davvero.
Così ho preparato una ricetta che mai avrei potuto immaginare e che, poi mi sono documentata: l’ashure pare essere il dolce più vecchio del mondo, è per quello che si chiama anche “budino di Noè” – sì, proprio il Noè dell’arca. È un pudding di cereali, legumi e frutta secca di origini turche, insomma, pur non essendo un piatto tipico del Natale risulta poi, per colori e profumi, essere perfetto. Anche in Turchia si prepara durante la stagione più fredda.
Se l’idea di un dolce come questa può, inizialmente, apparirci strana, è preparandolo che ci si accorge quanto simile sia a molti piatti che conosciamo. Qui il riso viene usato come amido per il budino, un po’ come si fa col nostro risolatte, tipico dell’Italia del nord, il grano con la frutta secca e la melagrana, non poteva, invece, che rimandarmi al grano cotto pugliese, questo proprio per ricordarci di quanto, in realtà, confini e diversità siano molto più labili di quanto crediamo.
Il profumo di questo dolce è come un elisir, è stato come immergersi completamente in un’atmosfera in parte nuova e in parte così confortevole da sembrare casa. Probabilmente non è la ricetta più scontata da trovare dentro un calendario dell’avvento ma spero che, in qualche modo, il suo odore sappia trovarci uniti ad affrontare un Natale che sarà diverso dal solito, proprio come questo budino.
Ashure, il budino di Noè
Ingredienti
- 1/2 tazza di ceci
- 1 tazza di grano in chicchi
- 1 tazza di riso
- 1 tazza e 1/2 di zucchero
- 1/2 tazza di nocciole tostate
- 1/2 tazza di pistacchi sgusciati e tostati
- 1/2 tazza di pinoli
- 1 cucchiaino di estratto di vaniglia
- 1/3 tazza di uvetta
- 1/3 tazza di fichi secchi
- 1/3 tazza di albicocche secche
- 1/2 tazza di scorze d’arancia
- 2 cucchiaini di acqua di rose
- 2 cucchiaini di cannella
- 1/2 tazza di mandorle a lamelle
- 1/2 tazza di semi di melagrana
Per la decorazione
Procedimento
La maggior parte degli ingredienti va messa a bagno il giorno precedente, come segue:
Lava accuratamente ceci, grano e riso e poi lasciali in ammollo tutta la notte, in ciotole separate.
Immergi fichi, albicocche e scorze d’arancia in acqua calda per mezz’ora poi scola tenendo da parte l’acqua di ammollo. Taglia tutto in pezzetti, mescola con l’uvetta e tieni da parte.
Cuoci i ceci con circa 4 l di acqua fredda. Porta a ebollizione, senza salare, e cuoci a fuoco medio per circa un’ora. Intanto porta a ebollizione 750 ml di acqua e cuoci grano e riso a fuoco basso per un’ora, continuando a mescolare, fino a quando il composto sarà morbido.
Aggiungi l’acqua di ammollo delle albicocche e dei fichi, lo zucchero, le nocciole spezzettate, i pistacchi e i pinoli nella pentola e fai bollire tutto per mezz’ora, continuando a mescolare. Il composto deve diventare denso e spesso, come una zuppa.
Unisci la vaniglia, l’uvetta, i fichi, le albicocche, i ceci e le scorze d’arancia e cuoci per altri 20 minuti. Spegni e unisci l’acqua di rose.
Fai raffreddare a temperatura ambiente, servi spolverando di cannella e guarnendo con mandorle e semi di melagrana.
[…] questo romanzo che mi ha fatto bene in un momento particolare, quello della seconda ondata: l’ho raccontato qui, ospite del Calendario dell’avvento di Valentina […]